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Capirossi si salva solo dall'Irap.

Lo sportivo famoso con residenza nel paradiso fiscale paga, in caso di conservazione del centro dei suoi interessi in Italia, sia Irpef, sia l'Iva ma non necessariamente l'Irap.

La presenza di un agente e i contratti con le società straniere non dimostrano, infatti, l'esistenza dell'autonoma organizzazione.

Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 961 del 21 gennaio 2015, intervenendo sul caso di Loris Capirossi, ha condannato il campione al pagamento di Irpef e Iva, accogliendo, invece, il motivo sull'Irap.

A condannare il centauro al prelievo fiscale la locazione di una villa in Italia, intestata a una società olandese a lui riconducibile.

Nessun dubbio, quindi, sull'Irpef mentre per l'Irap l'erario dovrà attendere. I giudici di legittimità hanno, infatti, spiegato che il giudice di merito non può desumere l'esistenza di un'autonoma organizzazione dal solo fatto che l'esercente un'attività artistica o sportiva disponga di un agente e stipuli contratti con una società organizzatrice di spettacoli, senza estendere l'accertamento alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, dei due rapporti giuridici e senza prendere in esame le prove fornite dal contribuente.

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